una storia imbeerita

Come è nata la mia birra

Quattro amici, una stanza in un vecchio borgo morcianese, qualche pentola e il gioco è fatto!

Avevo 22 anni e correva l’anno 2002; volevamo avvicinarci a quel misterioso mondo chiamato “birra artigianale”… fantastico!!!

Ci si informava sulle tecniche, sull’igiene, sulle tempistiche di fermentazione e sulla conservazione dopo l’imbottigliamento.

Esaltatissimi dalla nuova impresa e sicuri dei risultati, ci siamo messi al lavoro: chi preparava l’acqua e gli strumenti, chi puliva, chi intanto studiava le dosi delle materie prime… ce n’era per tutti.

Ovviamente nessuno nasce imparato, quindi la birra delle prime cotte… era buonissima!!! perché era la nostra birra!!!

Questa avventura però, anche avendo discreti risultati, non durò a lungo, ma il pallino in testa mi è rimasto.

Per un grande consumatore di birra, bere la propria con gli amici è il massimo della vita.

Nel 2009 mi sono riorganizzato con altri amici: Ugo, Lele, Matteo e Marco (quest’ultimo in un secondo momento ma “di fondamentale importanza”). Questa volta si fa sul serio!!!
Dopo aver comprato tutto il necessario, si iniziava con la prima cotta, scrupolosamente attenti alla pulizia e all’igienizzazione di tutti gli strumenti.

Abbiamo iniziato con una birra chiara e tutto sembra procedere nel verso giusto, tutti attenti e curiosi del risultati, inebriati dal profumo dei cereali. All’improvviso suona il campanello: era Mingo con il suo fedelissimo cane Molly… Aiutoooo.. la birra si contaminava!

Siamo riusciti a tenerlo fuori dalla cucina fino al delicatissimo momento del travaso nel fermentatore, quando anche Molly, inebriata dall’odore, è venuta a dare una sbirciatina e le è partito uno starnuto dritto nel mosto.. Noooo.. Panico!!!

Ci siamo guardati negli occhi e dopo grasse risate abbiamo decretato un nuovo stile di birra: “Birra al cane ad alta fermentazione”. Non era male… Poi guardando il bicchiere mezzo pieno, siamo tutti sopravvissuti.

Il momento dell’ambrata è stato esilarante; la cotta è andata bene ma Matteo mi chiama un pomeriggio con voce abbastanza impanicata dicendomi: “Vieni subito a casa mia perché qui scoppia tutto”.
Sentite queste parole corro subito e non potevo credere ai miei occhi… La schiuma mista al lievito avevano intoppato il gorgogliatore e il fermentatore era una gigantesca palla bianca.

Non ho ancora capito come il coperchio non fosse partito… Assurdo!
Il nome della nostra birra è venuto in automatico: “IMBIRIDA”.

La prima ambrata sinceramente non si beveva! Le altre non erano male però.

Matteo per motivi di lavoro ha dovuto abbandonarci, quindi ci siamo trasferiti a casa mia con un nuovo fermentatore, questa volta in acciaio e più capiente. Abbiamo continuato sempre più carichi e organizzati.

Dopo qualche cotta venuta bene, chiamiamo Marco a darci una mano, che oltre ad essere un grande appassionato di salame di mora romagnola, è anche un grande amico.

Ci si divertiva parecchio durante la cotta. Si bevevano le birre prodotte da noi, si rideva e si scherzava. Apprezzamenti e critiche sulla birra ovviamente non mancavano, ognuno diceva la sua: c’era quello ottimista, quello pessimista e quello che mangiava il salame… ovviamente dimenticandoci che c’era il fuoco acceso con qualcosa che bolliva.

Usare bottiglie d’acqua congelate per raffreddare il mosto e diluirlo, non era un metodo tanto preciso e raffinato. A noi piaceva così: si tagliavano le bottiglie di plastica con un coltello e giù il ghiaccio nel mosto. Qua, come dicevo prima, entra in gioco l’importanza di Marco, l’ultimo arrivato.

Il lavoro del ghiaccio lo stavo seguendo io, ma, siccome per produrre birra serve anche il lievito, sono andato via un attimo per andarlo a prendere. Al mio ritorno si presenta davanti ai miei occhi una delle scene più splatter che abbia mai visto: Marco si è sentito in dovere di aiutarci, quindi, con un coltello in una mano e una bottiglia nell’altra, il gioco è fatto… La birra al sangue!!!

In pochi anni siamo stati capaci di inventare due nuovi stili parecchio originali:

  • birra al cane ad alta fermentazione
  • birra al sangue ad alta fermentazione

Visto che quest’ultima era buonissima, abbiamo chiesto a Marco se voleva ripetere la ricetta. Purtroppo si è rifiutato.

Poi si va avanti, gli impegni aumentavano e trovare tempo da dedicare alla birra era molto difficile, quindi ci siamo fermati.

Riguardo al mio lavoro precedente non mi esprimo, ma una cosa era certa: “non ero per niente contento”. Una volta svincolatomi, mi trovo a riniziare tutto da capo.

Cosa faccio? La risposta è semplice, faccio quello che mi piace: la birra!

E così si parte:  inizio a frequentare corsi di formazione e compro un impianto automatico da 40lt per le mie prove.

Ma che stili faccio? Anche qui la risposta è stata semplice: faccio quello che mi piace!

Decido per una Blonde Ale ai 3 cereali e una APA (American Pale Ale).

Ma il nome? “Imbirida”, cioè il vecchio nome di mille avventure brassicole con gli amici che non poteva essere cancellato.

Ma una parola in dialetto, per un discorso professionale, non c’entrava tanto. Quindi mi si accende una lampadina, lo italianizzo o quasi…

IM BEER ITA

Fantastico, geniale, il doppio significato con la stessa parola.

I nomi Tiribà per la Blonde Ale e Makrù per l’APA sono legati ad un’altra mia passione: le percussioni dell’Africa dell’Ovest. Sono nomi di due ritmi belli e carichi, pieni di energia, che come nome si addicono a quelli di una birra artigianale.

Per la produzione mi sono appoggiato ad un birrificio di Pesaro dove lavorano alcuni ragazzi molto bravi, attenti e preparati.

Scegliamo insieme la ricetta giusta, assaggiando le mie cotte e si parte. Punto sulla qualità, con materie prime di altissimo livello, formato bottiglia da 50cl e fusti da 24lt, etichette pronte e via che si comincia. A marzo 2018 ero operativo alla vendita e somministrazione. Me la sono giocata subito in casa con un’importante fiera del mio paese. Devo dire che è andata oltre le aspettative: arrivavano complimenti da tutti, amici e sconosciuti.

Qualche proprietario di locali importanti si è subito interessato al mio prodotto; non ci potevo credere, ero felice come non mai… che spettacolo!!!

Di lì in avanti è stato un susseguirsi di avvenimenti positivi e di soddisfazioni personali, orgoglioso “finalmente” di me stesso.